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Lettere

19 aprile 2011 - di Giovanni Caputo

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Non c’è tempo per interessarsi dell’Italia e degli italiani


Gli scarsi investimenti in ricerca e sviluppo, la perdita di posti di lavoro, gli adempimenti burocratici opprimenti, la corruzione dei funzionari pubblici, la fuga dei cervelli all’estero, l’eccesso di pressione contributiva, l’inefficienza della giustizia civile, i costi elevati dei servizi bancari, i pubblici servizi inefficienti, le infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia, gli sprechi nella Pubblica Amministrazione, la mancata tutela dei nuovi entrati nel mercato del lavoro, minacciano il sistema produttivo italiano e ne paralizzano le potenzialità di crescita.

Quante aziende riusciranno a sopravvivere, nei prossimi anni, senza interventi in grado di alleviare lo stato di sofferenza nel quale sono state spinte?
E a chi tocca intervenire, a che si rimuovano le inefficienze che impediscono al sistema di riprendere a funzionare?

La maggioranza di governo è impegnata a contenere il potere dei giudici, è preoccupata a regolamentare le intercettazioni, si arrovella a come ostacolare l’arrivo dei comunisti, è immersa nella riscrittura dei libri di testo per la scuola, si prepara a sventare i complotti, orditi contro il nostro paese, dalle plutocrazie giudaico massoniche, valuta l’opportunità di uscire dall’Unione europea, considera necessario schierare la flotta navale per bombardare le navi degli immigrati.

Non c’è tempo e forse neppure voglia d’interessarsi di lavoro, di sviluppo, di produzione, di costi della politica, di insopportabili pratiche burocratiche, di bassa qualità del capitale umano, presente nella pubblica amministrazione, di fiscalità di vantaggio e di salvaguardia del patrimonio culturale e ambientale.

Come mai, se i mali sono così chiari, i soggetti interessati non riescono a proporre nessuna medicina da somministrare al malato?
Se la politica non riesce a fare il suo mestiere, come mai gli imprenditori, le associazioni di categoria, i rappresentanti delle professioni, i precari non intervengono, al di là delle stanche dichiarazioni rituali, per organizzare un breve elenco delle priorità di cui questo paese ha bisogno?
Questi altri soggetti sociali non sono, anche loro corresponsabili, visto che non sembrano percepire la drammaticità della situazione?
Perché non definiscono una priorità raggiungibile in tempi ragionevoli, per cui valga la pena battersi tutti insieme per il rilancio dell’Italia?

Sorge il dubbio che in giro, anche fuori dalla politica, non circolino grandi idee per rilanciare il sistema-Italia, o forse chi le propone non abbia la forza e la credibilità per aggregare le energie necessarie al superamento di vecchie e nuove divisioni.
L’aria è talmente avvelenata che, per ora, non s’intravede nessuna proposta di coesione sociale in grado di lavorare per la crescita di questo nostro paese.
Ma finché non arriveremo a questo, continueremo a girare a vuoto.


Giovanni Caputo