(Leggi anche: "Oltre la scacchiera" di G. Caputo)

 

SCACCO MATTO

 

( A cura di M. Gatto )

 

 

I recenti avvenimenti che hanno sconvolto la politica locale nonché tutte le scaramucce tra i leader dei partiti a livello nazionale, lasciano sconcertati noi poveri cittadini che degli intrighi del potere capiamo ben poco. Le mie riflessioni non nascono dal desiderio di difendere o di accusare alcuno, ma dal bisogno di chiarezza, dalla voglia di gridare  “Basta!” con la politica che non pone al primo posto gli interessi del cittadino, “Basta!” con la politica intesa solo come raggiungimento del potere, “Basta!” con il voler imporre a tutti i costi le proprie idee senza fare autocritica, senza valutare le conseguenze delle proprie azioni.

Nel magico mondo della fantasia, dove tutto sembra realizzabile, regna una politica che, come sosteneva Platone, è arte della misura. In questa ottica, la scienza dell’uomo politico “consisterebbe nell’evitare l’eccesso o il difetto e trovare il giusto mezzo, ciò che è in ogni caso opportuno o doveroso nelle azioni umane. L’azione politica dovrebbe tessere insieme, nell’interesse dello Stato, le due indoli opposte degli uomini coraggiosi e dei prudenti, in modo che vengano contemporaneamente, in giusta misura nello Stato, la prontezza d’azione e la saggezza di giudizio”.

Nella realtà purtroppo, oggi tutto ciò non sempre si evince dal comportamento di chi ci governa.

Nel mio immaginario lo scenario politico è come una grande scacchiera, su cui secondo gli schemi propri di questo gioco, si schierano i pezzi bianchi e i pezzi neri, i politici delle opposte fazioni, chi è al governo e chi è all’opposizione. Scopo del gioco: dare scacco matto all’avversario, e per far ciò le pedine si muovono, cambiando la loro posizione. Ogni mossa è importante, meticolosamente studiata per evitare di “farsi mangiare”. Non ci può essere tra gli  avversari alcun punto d’incontro che riveli interessi comuni, esiste solo lo scontro, l’uno contro l’altro ad ogni costo per raggiungere il proprio obiettivo: vincere.

  È un immagine questa che poco ha a che vedere con il significato più profondo della Politica intesa come arte del governare lo Stato per il bene sociale, ma che ci fa forse capire perché alcuni rappresentanti della maggioranza vegliese, al di là di quelli che possano essere stati i motivi, che non vogliamo qui valutare o criticare, non siano riusciti a trovare un accordo e abbiano preferito dimettersi, fare il gioco dell’opposizione per far cadere la Giunta Comunale, pur sapendo che mancavano pochi mesi alla conclusione del mandato elettorale e che con il loro gesto, ed è questo che critichiamo, si lasciava un Comune in balia della sorte. Perché, se è vero che un commissario prefettizio “ può fare più di una giunta rissosa e litigiosa” è pur vero che è difficile affrontare con serenità la gestione e l’amministrazione di un Comune quando non si hanno i tempi tecnici necessari, per conoscere a fondo la situazione del paese.

  È un’ immagine che poco ha a che vedere con la Politica con la “p” maiuscola se chi è all’opposizione ha preferito approfittare di questa opportunità, pur non essendone fiero perché cosciente che “sarebbe stato un mezzo più idoneo e più maturo politicamente”, presentare, discutere e votare in Consiglio Comunale  una mozione di sfiducia al sindaco.

  È un’immagine che poco ha a che vedere con la Politica vera, quella in cui il confronto avviene sulle idee e sulle proposte, quando si definiscono mercenari i sostenitori degli avversari e si risponde prontamente definendo ladri gli altri, riducendo così la propaganda elettorale ad un offendersi a vicenda. “La politica non ha bisogno di questa aggressività dialettica” come si scrive sull’Osservatore romano criticando questa moderna consuetudine dei politici.

  È un’immagine che poco ha a che vedere con la Politica che ha come obiettivo l’integrazione sociale e la pacifica convivenza di tutte le classi sociali e di tutti i gruppi etnici presenti su un determinato territorio, quando si sfrutta ogni occasione per avvalorare le proprie idee, camuffando con falso buonismo, tesi inumane e razziste. Come quando si vuol difendere un uomo affermando “Nessuno può fare del male a un padano” o si strumentalizza la polemica sui canti di Natale, in cui è stata sostituita la parola Gesù per non offendere la sensibilità religiosa dei bambini musulmani presenti nella scuola,  e non per motivazioni religiose che sarebbero più che lecite, ma per avvalorare le proprie tesi contro l’immigrazione.

E potrei continuare con altri esempi ma non mi sembra il caso.

Forse qualcuno criticherà questo mio modo di pensare, qualcun altro dirà che non so cosa voglio, che non vivo con i piedi per terra, che la realtà è questa. Lo so.

Forse sono una sognatrice, forse è solo un’utopia ma lasciatemi sperare e immaginare un mondo in cui pacificamente ci si stringe per mano, si guarda agli altri prima che a se stessi e, facendosi guidare dalla ragione, si aspira al bene comune. Un mondo in cui la Politica sia degna di essere scritta con la “p” maiuscola.