CON FRANCESCO PAGLIALUNGA L’ALBERO DI ULIVO INCONTRA L’ARTE E CONTINUA A SCRIVERE LA SUA STORIA

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La Puglia, col suo paesaggio caratterizzato da abitazioni rurali trulliforme, da muretti a secco in “pietra viva” e dalla terra rossa, possiede un cospicuo patrimonio olivicolo.
La coltivazione dell’olivo e la produzione dell’olio hanno una tradizione molto antica, rivestono un ruolo di primo piano nell’economia del territorio e per l’importanza paesaggistica e gastronomica, rappresentano l’identità storica, di vita e culturale della regione.   
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Questi alberi crescono lentamente resistendo indenni per secoli alle ostilità dovute alle intemperie e al caldo torrido dell’estate. Con il passare degli anni questi tronchi cariati e vetusti si curvano e assumono forme antropomorfe che affascinano e incantano i visitatori, forme imponenti che rendono questi alberi monumentali opere d’arte.
Una decina di anni fa circa, l’ulivo è stato colpito dalla Xylella, un batterio che si riproduce all’interno dell’apparato conduttore dell’albero, nutrendosi della linfa, sino a provocare l’essiccazione e la morte della pianta. Non essendoci una soluzione definitiva per eliminare il batterio, attualmente l’unico intervento possibile è l’abbattimento degli alberi, ma abbatterlo significherebbe anche cancellare il legame della civiltà contadina con il territorio e dimenticare l’importanza che la coltivazione ha rappresentato per la nazione.

Per salvaguardare questo patrimonio, lo scultore italiano Francesco Paglialunga sta lavorando su un progetto artistico con lo scopo di realizzare un parco delle sculture presso un’antica dimora storica del periodo tra il 1700 e il 1800, “Casina Fabrizio-Personè”, appartenuta ai nobili Personè, sita in Nardò. L’obiettivo dello scultore e dei committenti è quello di donare all’ulivo una nuova possibilità d’esistenza che solo l’arte gli può donare.

La terra d’origine in cui è cresciuto Paglialunga, ha sempre avuto un ruolo importante nel suo percorso artistico, tanto da portarlo a utilizzare nelle sue opere scultoree quei materiali che essa gli offre, in base alle esigenze estetiche, formali e linguistiche che vuole esprimere. La materia da plasmare gioca un ruolo importante quando le sue opere prendono forma e molte volte è essa stessa a suscitargli emozioni e stati d’animo che lo portano a estrapolarne l’anima e la forma. Le sue opere sono cariche di espressività, caratterizzate da una linea essenziale, da forme sintetiche in un equilibrio e un’armonia che donano leggerezza e sinuosità, suscitando emozioni nel fruitore e acquisendo a loro volta una funzione sociale.

Nei suoi lavori, spesso, sottolinea il rapporto tra la materia, l’uomo e la natura, ispirandosi a tutto ciò che la natura gli racconta. Per lui il suo lavoro come scultore e la natura stessa assumono un ruolo importante di apprendimento culturale, sono il senso della terra e della materia da cui assimilare i valori della vita. Per questo ritiene che “Il lavoro dello scultore è come il lavoro di un contadino che lega l’uomo alla natura”.

Sin da bambino Paglialunga ha ammirato la bellezza e la particolarità degli ulivi, ne conosce la storia e l’importanza e ne rispetta il valore storico. Da questi ulivi secchi, carichi di energia, tira fuori opere che non snaturano le forme poetiche del tronco, ma le mette in risalto scolpendo figure antropomorfe che valorizzano l’estetica, la bellezza e l’essenza degli ulivi.

“Le sue forme, la sua possanza, quel tronco nodoso e contorto, pare voglia sfidare ogni tipo d’intemperia, rinascere come materia viva che sa parlare della vita. Nasconde storie, significati, l’anima dei miei avi che hanno voluto tramandare a noi tradizioni, ricordi, pensieri, sentimenti e immagini create dal tempo. In esso permane la forza di un vecchio che, nonostante l’età, non si piega, cerca di poter vivere e rivivere nuovi tramonti”.

È proprio da questo suo pensiero che parte per instaurare un rapporto intimo con l’ulivo, riuscendo a leggere la sua anima e l’anima delle nostre generazioni passate. Paglialunga con il suo intervento scultoreo, estrapola la vita che è ancora insita all’interno dell’albero portando alla luce una storia che continuerà a vivere in eterno. Studiando e rispettando le forme del tronco, cerca di esprimere ciò che l’albero gli racconta.

In quest’ulivo intravede e fa emergere una figura femminile che si fonde al suo interno e diviene simbolo di generatrice di vita. Dalle poderose radici piene di energia e allo stesso tempo colme di delicatezza e movimento, quasi da paragonarle alla morbidezza delle onde del mare, cresce un bambino che si aggrappa con spirito al tronco evidenziandone il legame tra la terra, il mare e gli elementi della natura. L’ulivo è suo padre, il vecchio anziano che gli ha permesso di venire al mondo per tramandargli cultura, storia e tradizioni. Tutti noi ci rivediamo in quel bambino. È la nostra terra, è radicato al territorio e alla storia della Puglia, non vuole abbandonare la vita e i sacrifici dei suoi avi, non vuole lasciar morire nulla, neanche quest’albero colpito dalla Xylella e tutto ciò che rappresenterà in futuro come patrimonio dell’umanità.

Articolo di: Benedetta D’Elia

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