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Lettere alla Redazione

19/02/2005   -   di Coppola Andrea

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Caro diario,

 

solo oggi ho capito a fondo alcuni problemi di questo mondo. Fino a ieri pensavo che i problemi più gravi per la nostra società fossero solo la droga, l'alcolismo, senza pensare che c'è una moltitudine silenziosa di persone che vengono messe da parte, in un angolo e lasciate lì come fossero carta vecchia. 

Se non hai capito, quello di cui sto parlando è il problema "dell'emarginazione dell'anziano" che rimane escluso dalla società. 

Allora, si tratta di mettersi di nuovo in ascolto di coloro che sono stati come noi, prima di noi, per capire cosa la vita ha insegnato loro e per gestire il presente e programmare il futuro. 

Ho la fortuna di avere ancora in vita la mia nonna materna, che ha ottantadue anni e che, nonostante gli acciacchi della vecchiaia, ha una gran voglia di vivere e di dare amore. 

Pensando a lei mi domando come sia possibile abbandonare le persone anziane. Queste persone, oltre all'amore, hanno dato tanto ai loro figli. 

Il loro modo d'amare è pieno di tenerezza, sono sempre felici di poter raccontare la loro vita passata, anche se a volte, presi dall'emozione dei ricordi, il loro viso si riempie di lacrime, eppure tanti di loro, per colpa della solitudine, si "spengono" lentamente sino a lasciarsi morire.

 Mi fa rabbia quando sento criticare gli anziani che si risposano, perché sono convinto che il loro sia un esempio di amore onesto, che ormai noi giovani troppo spesso "calpestiamo". 

Caro diario, se potessi fare qualcosa, di certo cambierei i sentimenti di tutte quelle persone che ignorano l'anziano e che lo maltrattano e le convincerei che i "vecchietti" hanno bisogno di essere al centro dell'attenzione, di un po' di affetto, di quel sentimento che viene loro continuamente "negato". 

Per concludere, vorrei rivolgermi alla mia nonna materna per dirle "GRAZIE" per tutto ciò che mi ha insegnato, per il coraggio che mi ha dimostrato nei momenti di difficoltà ma, soprattutto, per avermi amato.