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Lettere

12 febbraio 2011 - dalla redazione di Controvoci

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Luca è deceduto alle ore 6.30 circa del 12 febbraio a causa di un arresto cardiaco.

Soffriva di Distrofia Muscolare di Duchenne,  malattia genetica degenerativa dei muscoli,  una delle forme di distrofia muscolare più frequente e più grave.

Pubblichiamo due lettere che riassumono in breve quanto importante sia stata la vita di Luca per i suoi amici.

 

UN RICORDO DI LUCA

 

Chi era Luca? Vogliamo farvi brevemente un ritratto di lui per come l’abbiamo conosciuto noi, perché qualcuno può credere che un corpo smagrito, inchiodato ad un letto, immobile, paralizzato totalmente dalla malattia, come era il suo, sia solo un ingombro, una presenza che mette a disagio, che turba la vista.

Invece quel corpo era un essere umano esattamente come tutti noi, con un cervello perfettamente funzionante e un cuore molto più sensibile del nostro.

Luca era un ragazzo dall’intelligenza vivace, pronta, che amava tenersi informato su tutto quello che accadeva nel mondo. Con lui si poteva parlare di tutto: di religione, di politica, di sport, di cinema, di televisione, di tecnologia e quant’altro. Aveva una buona cultura, grazie anche ad internet e alla televisione, che gli facevano compagnia durante le sue lunghe ore di solitudine. Con Luca potevi chiacchierare, litigare, scherzare, piangere e gioire. E gli amici che lo hanno conosciuto meglio, sanno  bene che dai suoi occhi potevi comprendere quali pensieri e quali sentimenti in quel momento sfioravano la sua mente. Luca diceva che avrebbe voluto diventare l'Obama dei disabili, per difendere i diritti di tutti coloro che si trovavano nelle sue condizioni.

Luca era un ragazzo, un giovane uomo esattamente come tutti gli altri, con gli stessi pensieri, gli stessi sentimenti, le stesse esigenze affettive e fisiche.

Però a differenza di tanti giovani che non riescono ad amare la loro felice vita, Luca, invece, amava tantissimo la sua vita infelice.

Quante volte in un momento di sconforto gli abbiamo sentito dire: “Vorrei morire. Qualche giorno mi ammazzo!” Ma poi capivamo che erano solo parole dettate dalla tristezza, perché se il respiratore artificiale al quale era attaccato andava all’improvviso in allarme, lui entrava nel panico, cominciava a gridare spaventato con la sua debole voce: “Fate qualcosa, presto, aggiustate la macchina, altrimenti potrei morire!”. 

Il suo tormento non era la sua malattia, con la quale, a differenza di quanto si possa pensare, conviveva piuttosto bene, e questo grazie anche alla sua straordinaria mamma, che con tanto sacrificio e amore ha saputo dare al figlio, nonostante tutto, una vita normale e completa.

Il tormento di Luca e la sua rabbia derivavano, invece, dal fatto di non sentirsi compreso dagli altri e, soprattutto, dal fatto di non sentirsi amato come uomo da nessuna donna, lui che aveva tanta voglia di innamorarsi e di essere ricambiato; lui che si disperava quando qualcuno gli diceva, imprudentemente, che difficilmente avrebbe incontrato una donna disposta ad amarlo. E lui piangendo di questo, una volta ci disse: “Perché mi dicono così? Io ho tanto amore da dare!”.

Nessuno aveva il diritto di distruggere i tuoi sogni, le tue speranze, Luca!

Una vita senza speranza è una vita disperata e la tua già difficile vita, Luca, era aggrappata fortemente al sogno di un amore.

Ecco cosa scriveva Luca nelle sue poesie: “Sì, ho il cuore di un principe che cerca invano tra le stanze di un castello incantato la principessa del suo sogno… che mi dia un bacio e rompa il sortilegio che mi volle prigioniero di un corpo non amato, un corpo che dice solo dolore, mentre il cuore vorrebbe parlare solo d’amore”.

E poi, ancora, scriveva: “Ti cercai in ogni volto, in ogni sguardo, in ogni paese e nazione tra le macerie dell’odio, nello sconforto della solitudine… Ti cercai… nel buio della notte o nello splendore del sole dopo un temporale, nel gelo del mio cuore o nel caldo della passione… Ti cercai, o mio eterno amore!”.

Il 28 gennaio scorso, su facebook, Luca ha scritto: “Vorrei parlare solo di amore, pensare solo all’amore, invece devo pensare a chi dovrà assistermi, se è meglio morire o vivere… vorrei tanto un piccolo amore per amare questa vita triste…”

Luca, sappiamo che l’amore sincero e grande della tua mamma e quello di noi amici non ti bastavano, non ti realizzavano pienamente… Noi ti dicevamo che nemmeno l’amore completo di una donna avrebbe sopperito pienamente a quel bisogno che avvertivi dentro, perché c’è una solitudine che ognuno di noi si porta nel cuore per tutta la vita, che nessun essere umano può riempire, una solitudine destinata, forse, a trovare vero appagamento solo in Dio, l’Unico capace di saziare il nostro bisogno più profondo di amore e di infinito.

Ora tu sei fra le Sue braccia, coccolato dal Suo amore immenso e misericordioso che ti ripagherà di tanta solitudine, di tanta sofferenza, di tutto l’amore che non hai trovato qui sulla terra.

Grazie Luca: della tua splendida amicizia, dei tanti insegnamenti che abbiamo tratto da te e dalla tua vita. Grazie per aver aperto a noi il tuo cuore fino in fondo, fino ad arrivare a rivelarci i tuoi segreti più nascosti, vincendo la vergogna e la paura di essere da noi giudicato. Da te abbiamo imparato quanto sia dignitosa e meritevole di essere vissuta anche quella vita che agli occhi degli altri può apparire inutile e straziante, quella vita che tu, seppur tra mille difficoltà, sofferenze, solitudine e sconforto, hai tanto amato.

Ti chiediamo perdono se negli ultimi mesi non ti siamo stati vicini per come avremmo voluto, potuto, dovuto. Perdonaci, Luca, per le nostre mancanze!

Ti porteremo per sempre nel cuore!

Da lassù prega il Signore per la tua mamma, perché trovi la forza per andare avanti nonostante la tua incolmabile assenza fisica. Voi due eravate l’uno l’estensione, il prolungamento dell’altra. Tua madre era per te le tue braccia, le tue gambe, il tuo respiro… Tu eri per lei tutto, la ragione e il senso stesso della sua vita.

 La tua grande fede, Elvira, ti sostenga anche in questa nuova e dura prova. Nulla sarà più come prima, tranne la nostra amicizia che continuerà a tenerci uniti nell’amore e nella preghiera per il nostro Luca.

 

Mauro, Daniela, Alessia, Elisabetta 

ADDIO LUCA

 

Il sole di questa mattina ha illuminato il tuo volto per l’ultima volta. Sembra quasi strano come alla luce di quel raggio, il tuo viso mi sembrasse sorridente. Eri contento quando il campanello di casa tua suonava; il pensiero che qualcuno ti venisse a trovare, a salutare, allietava la solitudine delle tue giornate. Perché nessuno può capire cosa sentivi quando il trascorrere dei minuti, delle ore e dei giorni passava senza che quel campanello suonasse.  Il tuo volto ammiccava e rideva quando vedevi  entrare da quella porta qualcuno che sentivi vicino al tuo cuore. E te la ridevi quando raccontandoti le pseudo sventure di tutti i giorni, si scherzava e  ci si burlava insieme. Tu non eri una persona qualsiasi, tu non eri una persona fra tante. Tu eri quella persona che sebbene la malattia ti fiaccava ogni giorno rendendoti  impotente dinanzi ad essa, mi guardava e mi raccontava quanto fosse bello vivere, vivere d’amore, quanto sarebbe stato bello sentirsi amato. Ah quanto sono stata sciocca, quanto siamo stati incoscienti nel non renderci conto di quanto noi avessimo bisogno di te. Non eri tu ad avere bisogno di noi. Eravamo noi che avremmo dovuto starti più vicino perché tu ci insegnassi a vivere la nostra vita. Sarebbe bastato che noi capissimo poche cose e forse la tua e la nostra sarebbe stata una vita vissuta sotto una luce diversa. E quel raggio di sole che questa mattina ha illuminato il tuo viso, in quell’istante in cui tu sembrava mi stessi  sorridendo è stato l’ennesimo segno, l’ennesima lezione che hai voluto darmi. Mi hai sempre detto “che vita è senza l’amore? Che vita è senza sentirsi amato da qualcuno?” “Anche io voglio amare!” Mi ripetevi sempre. E poi mi insegnavi: «non può essere l’impossibilità fisica, a fermarmi; non posso smettere di sperare di incontrare l’amore sol perché la malattia mi tiene legato ad un respiratore. Tutti devono sapere che anche noi disabili possiamo amare e vogliamo amare».

Questo eri tu. Un “essere” speciale. Un essere come pochi. Non c’è stata passività o rassegnazione nei tuoi giorni ma speranza, quella speranza che ti ha accompagnato fino all’esalazione del tuo ultimo respiro e che ora, son sicura ti accompagna anche in Paradiso e che si sta trasformando in quello stesso amore che tu cercavi e che sta colmando la distanza tra te e noi, tra il tuo cuore e quello spesso insensibile di tanti di noi. Ora sei nella gioia, e forse anche da lassù ci stai sorridendo con quella smorfia simpatica che ti accompagnava quando eri qui con noi.

Ciao Luca, ci rivedremo e scherzeremo un giorno ancora insieme.

Stefania Casaluce