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GLI INVITI ALLA RIFLESSIONE AIUTANO A CAPIRE (di Giovanni Caputo)
“In
questo quadro non certo edificante dello scenario politico vegliese, tutti
hanno litigato con tutti e nessuno, purtroppo, si è assunto l’arduo
compito di guardare in faccia la realtà e cercare di ragionare sulle
cause che hanno generato una crisi così profonda.”
In questo periodo è
racchiusa la sintesi di un ragionamento
fatto dal dott. Frisenda nel
suo lungo intervento. In esso l’autore
invita, inoltre, a
riflettere: sulle modalità della partecipazione democratica, limitata
solo al periodo della consultazione elettorale e sulle scelte
politiche che la nuova maggioranza
dovrà operare, rispetto
ai reali bisogni del paese. A queste conclusioni il dottore
era giunto dopo una personale
lettura delle cause
che avrebbero portato all’attuale situazione politica, sostenendo che si
è fatto fronte ad una “crisi della
politica, crisi di idee, crisi di valori, crisi per
l’internazionalizzazione del sistema economico”
con una riforma del
sistema elettorale che ha peggiorato la situazione, in quanto
“ il Sindaco in carica, forte dei
poteri conferitigli dalla legge e poco rispettoso delle “esigenze”
degli alleati che avevano contribuito alla vittoria elettorale, ha
reputato opportuno esercitare il governo in modo autoreferenziale”.
Risultato: la riforma elettorale ha creato sindaci autoritari
che sono la causa scatenante delle continue crisi amministrative. Tutto
questo argomentare serviva al dott. Frisenda per articolare la richiesta
di un intervento da parte della nuova amministrazione a realizzare
concretamente e in tempi brevi la zona per gli insediamenti produttivi. "Se
il prossimo Sindaco, chiunque egli sia, nei prossimi dodici mesi, non sarà
in grado di approvare il PRG con relativa zona per gli insediamenti
produttivi, è auspicabile, per il bene del paese, che valuti attentamente
l’opportunità o meno di continuare il suo mandato elettorale”. Questo
è il quanto. Ed esposto in questi termini non ci sarebbe nulla da
obiettare. Ma i termini non sono questi. La crisi a cui il dottore allude,
in questa consultazione elettorale, ha assunto la forma tragica della
rappresentazione claunesca. E come chiamare altrimenti la presenza dei
partiti del centro-sinistra in quattro liste differenti?
Tra queste liste, è difficile giudicare quella guidata da Fernando
Fai, che recupera cinque assessori della vecchia amministrazione e su
quattro di questi così si esprime il dott. Frisenda: “la
parte della maggioranza che ha firmato la sfiducia al Sindaco non ha mai
avuto un progetto politico alternativo ed ha cercato qualsiasi tipo di
aggregazione, purché fosse contraria alla sua vecchia alleanza”.
E con gli assessori, la lista Fai recupera
anche i vecchi “transfughi”, che uniti ai nuovi diventano otto per
l’esattezza, sono coloro che hanno determinato la fine anticipata delle
due passate amministrazioni,
verso i quali il dott. ha parole poco lusinghiere: “sono
fermamente convinto che non è mai segno di maturità e di buon senso,
firmare la sfiducia al Sindaco senza che essa venga analiticamente
motivata in consiglio comunale”. Ma
di quale analisi motivata stiamo parlando? In questa tornata elettorale i
personalismi si sono manifestati con tanta virulenza, che le ragioni
ideali e politiche che giustificano lo stare insieme in un partito o in
una coalizione si sono dimostrate così fragili o non sono state per nulla
percepite da non reggere al minimo confronto. Si sono inventati partiti
per coprire accordi fatti tra persone
che dovevano comunque essere inserite nelle proprie
liste; si è anteposto
alla discussione politica e alla costruzione di un’alleanza il proprio
nome in ruoli
legittimati solo dalle
proprie convinzioni o da codazzi di amici e compari; si sono esasperate le
posizioni ideologiche per giustificare scelte dirompenti di non ritorno;
è ridiscesa in campo dopo una costante presenza quarantennale,
più longeva di Fidel
Castro, “la famiglia”, la dynasty
vegliese, con una proposta commerciale di tutto rispetto:
lasci uno e prendi due. La
politica a Veglie è morta, egregio dott. Frisenda. E dinanzi alla morte
della politica non le sembra ingenuo e anche un po’ autoassolutorio
sostenere: “Al di là di varie critiche o
contestazioni su quello che si sarebbe potuto fare e non si è fatto, io
metto punto e vado a capo”. Non le sembra troppo comodo? Non
le sorge il dubbio che dovrebbe, per la parte che la riguarda, assumersi
le sue responsabilità, senza pubbliche abiure ma con l’onestà
intellettuale che la caratterizza e sostenere che si sono persi cinque
anni ? “Chiedo al prossimo Sindaco ed alla
sua coalizione di rendere di dominio pubblico il progetto di variante al
PRG elaborata dall’amministrazione Greco e il lavoro fatto
dall’amministrazione Carlà e di approvare immediatamente la variante al
piano regolatore generale entro la fine del 2005, al massimo nella
primavera del 2006, nello stato in cui si trova e, se proprio necessario,
apportando modifiche delle quali, però, tutti i cittadini dovranno essere
messi a conoscenza. L’approvazione della variante al PRG permetterebbe
di dare il via alla realizzazione del piano per gli insediamenti
produttivi che non può essere rinviato per nessuna ragione”. Ma
a quale sindaco lo chiede dottore? Lei non sembra abbia avuto molta
fiducia nei sindaci che ha sostenuto, si figuri degli altri che cercherà
di ostacolare legittimamente con il suo impegno politico.
Si liberi dai pregiudizi e riconosca che sui cinque candidati, forse
quello che le sta più antipatico potrebbe rispondere positivamente alla
sua richiesta. E
ancora dottore come fa a considerare sprechi i soldi spesi per acquisire
al patrimonio comunale
diciotto ettari di terreno inseriti all’interno del PRG e tipizzati come
zona industriale? Lei ritiene che, da parte della pubblica
amministrazione, aver investito intorno ai due euro a metro quadro per un
terreno, inserito nel Piano ed esprimibile volumetria edificabile in
rapporto ai parametri della tipologia,
sia uno spreco? I proprietari di quel terreno pagavano al Comune
l’Ici in rapporto alla sua
tipologia, ritiene che si sarebbe potuto pagare meno? O ritiene che dopo
più di vent’anni si
sarebbe potuto modificare la destinazione urbanistica di quel terreno
senza incorrere ad un contenzioso con i proprietari? Lei per il lavoro che
fa è ben inserito nel tessuto sociale ed economico del paese, ritiene che
il prezzo pagato per quel terreno non sia stato congruo? Se il Comune
decidesse di fare cassa e lo vendesse, ad un prezzo rivalutato rispetto al
valore iniziale, lei, che notoriamente non fa il contadino, non sarebbe
interessato ad acquistarne un paio di ettari? Personalmente
sono convinto come lei, che la politica non debba essere abbandonata,
pertanto continuiamo a vigilare sulle scelte amministrative, anche quando
sono i nostri ad avere responsabilità di governo del paese, senza
aspettare altri cinque anni a muovere critiche generiche e sempre alla
stessa parte. Con
stima Giovanni Caputo
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