Esperienza di Vita Vissuta ( e sofferta) di Filomena Gaballo |
Giugno 1992:
Sono passati quasi otto anni e,
all'epoca, la mia vita si aggirava come in un labirinto, senza via
d'uscita. Ovunque mi girassi trovavo vuoto interiore da capogiro. Sentivo
come se stessi in fondo ad un pozzo e ogni giorno speravo che qualcuno
calasse quell'arnese per tirare fuori il secchio. Questo secchio ero io,
che arrugginito e senza colore navigavo nel buio più profondo. Le mie
spalle non reggevano più il peso della sofferenza.
La calda stagione, il vocio allegro della gente, l'erba in fiore,
niente nessun interesse. Sì: sembravo una poltrona incolorata, dove
sedeva comoda una bestia feroce. La depressione.
Anima, corpo, mente, spirito, stomaco e cuore, tutto veniva
rosicchiato e quasi logorato da un così forte dolore.
Qualche volta anche incompreso. Non c'era febbre, ma il viso e gli
occhi erano lo specchio dell'animo. Poi ecco il miracolo. Una locandina
attira il mio sguardo. Per dirla in breve nasceva un'associazione di
volontariato in ospedale: l'A.V.O.. Questa scritta picchia all mio cuore.
E' il momento buono dico fra me senza perdere tempo, sento come se
qualcuno mi stesse chiamando. Sento una voce che mi dice: vieni! Per
essere felici bisogna donarsi completamente agli altri. Soprattutto a chi
soffre, a chi è solo, a chi è abbandonato, a chi non è amato da
nessuno, al diverso, al disperato, all'angosciato e perché no dare
un'infinità di amore soprattutto al depresso. Intanto la mia vita
cominciava a prendere colore e valore. Sentivo che potevo scolgere un
servizio che mi rendeva nobile, anche se poverissima. Ormai non ero più
divisa in due, ma una sola persona che cominciava a sentire il sapore
della felicità. Il caldo
giugno era in fiore, invidiavo il candore del giglio, lo spirito ne
gioiva, e cominciavo a contare le stelle, così come le adolescenti, e
spesso su questi grandi puntini luminosi confidavo i miei progetti.
"Signore", dicevo, "Il mio animo è nero, fa che in
ogni mio gesto di amore ci sia il candore di un fiore". Ormai, a
sorpresa di tutti diventavo sempre più forte e mai nessuno avrebbe osato
farmi cadere. Ero un pilastro ormai. Comincio a svolgere il mio servizio
nel reparto di medicina, seguite dal nostro presidente, un medico colmo di
grande talento umano, e dalla superiora, parte integrante
dell'associazione. Che come un pane che sta per essere infornato metteva
dentro tutti gli ingredienti per rendere caldo e saporito il cammino
dell'associazione. Qualche volta anche duro e faticoso.
Un po’ tutti si accorgevano che dello stato depressivo rimanevano
soltanto piccoli alti e bassi. Purtroppo il 15 marzo 2000, mi accorgo di
aver solo sognato. No, anzi non è un sogno, mi trovo nella tristezza più
nera. Dopo otto anni di intenso servizio, senza mai mancare, compiendo
mille gesti di amore le cose cambiano. Crolla l'A.V.O.
e il fondatore di una nuova associazione ospedaliera cambia le
regole. Ed io, esasperata sono qui che cado nella voragine della
depressione. A nulla sono valsi i vari appelli, anzi… Tutte quelle cose
in cui credevo mi lasciano senza fiato e mi deludono. Ora vorrei che mi si
donasse qualcosa. Una piccola elemosina . Non chiedo soldi e nemmeno pane.
Chiedo soltanto il permesso di donare il mio istintivo amore come prima,
non vedo nessuna colpa. Invece mi è permesso di donare solo col
contagocce. Non accetto! Quanto sono triste! Mi fa paura, Dio mio! E penso
fra me: "La mia vita non avrà più un senso". Signore non è
giusto pensare che bisogna prendere la bilancia per donare un goccio di
amore, una gentilezza, un sorriso, ascoltare, parlare. Guai, da quanto ho
constatato è severamente proibito dare volontariamente il più piccolo
segno di affetto, neanche una stretta di mano al di fuori da quell'ora
stabilita. Questa è la legge, questo è quanto stabilisce lo statuto. Le
regole bisogna rispettarle, mi si sussurra nell'orecchio. Sì! L'orecchio
sente, gli occhi piangono e il cuore se ne duole. Una cosa è certa che
ogni cittadino è libero di dare il suo parere. Naturalmente non certo il
suo comando. Gentilmente ho chiesto di poter fare solo un po’ di giorni
in più di volontariato, Ma il no è stato secco e freddo. Vorrei tanto
che ne parlassi con il mio attuale presidente, il cappellano che per me
rappresenta Cristo e non un severo militare. Ma la paura mi attanaglia e
mi blocca. Vorrei tanto che lui mi capisse e capisse soprattutto la mia
sofferenza. Non chiedo grandi cose. Vorrei solo vedere il mio sorriso che si confonde con il fratello ammalato. Vorrei continuare a capire che la mia poliomielite è niente di fronte alle varie sofferenze.
Sento che mi manca quella mano che stringevo, magari
un po' fredda per la malattia oppure un po' calda per la febbre. Per me importante era
sentire il contatto umano, e quel sorriso a volte finto ed il fievole
grazie che spesso veniva detto con una debole voce.
Pazienza se nulla può cambiare. Solo il Signore sa quello che deve
fare. E' sicuramente da Lui mi cadranno tutte le grazie delle quali ho
bisogno.
Per favore, forse domani avrò bisogno anch'io di un pizzico di
amore, di affetto e di amicizia. Vi prego non donatemi il poco che è rimasto sulla bilancia, ma svuotatevi le sacche, svuotatevi il cuore perché tutto è amore. Grazie
infinite. |