Qualcosa della mia vocazione
Don Arcangelo si racconta
Nell'autunno del 1978, mentre avevo quasi 19 anni e frequentavo l'Istituto Tecnico Commerciale "O. G. Costa" di Lecce, è successo qualcosa di straordinario nella mia vita: il Signore attraverso lo Spirito di verità ha parlato al mio cuore. Mi ha chiamato a spendermi totalmente per il suo Regno. Egli "mi ha sedotto ed io mi sono lasciato sedurre" (Ger 20,7), proprio io che vivevo una vita "secondo gli uomini".
Vita fatta di desideri ambiziosi e materiali, di divertimenti, di gioie fugaci, di cose facili, di emozioni effimere… Una vita "normale" insomma, come quella di tanti.
Tuttavia, quando, nel silenzio interiore di certi intensi momenti di quell'autunno, ho permesso allo Spirito, che è in me dal Battesimo, di parlare è stata la sconfitta del mio "io".
Il "seguimi" è risuonato così chiaro dentro di me che ho dovuto lasciare presto i vecchi amici, le mie cose solite, la mia ragazza, i miei affetti vari... E "me stesso" per prendere la croce e seguire Gesù Cristo. Per diversi mesi ho vissuto esperienze interiori da batticuore, come nelle cotte adolescenziali, e luminose comprensioni delle Sacre Scritture e specialmente del Vangelo, che prima mai avevo inteso così dirette, martellanti e operative per la mia vita. Tutti i momenti del giorno sentivo un fortissimo trasporto per le cose di Dio. I miei amici e i conoscenti vari stupefatti mi facevano notare che non ero quello di prima, che ero completamente cambiato. Alle loro insistenti domande mi limitavo a rispondere che era ora di fare sul serio col Vangelo e con la testimonianza cristiana e così per due anni ho tenuto segreta dentro di me la scoperta della vocazione al presbiterato (= prete o sacerdote). Ne parlai subito solo con un Sacerdote di un'altra diocesi e con i miei genitori. Ma lo confidai anche alla mia fidanzata, una ragazza della mia stessa età, molto matura e ricca di pregi, pregandola di capirmi… Lei replicò: "Anch'io in certi momenti sento la voglia di farmi suora, presto poi mi passa. Vedrai ti passerà, non mi lasciare, resta con me!". Io, dandole l'addio l'assicurai: "Sarò prete". Ci lasciammo per sempre. Dopo molto tempo, l'ho rivista una volta sola, nel 1993, e le ho detto: "Hai visto che sono prete? e già da sette anni!". Mi aveva aspettato per più di qualche anno sperando in un mio ripensamento, poi si era sposata e aveva dei bambini.
Meditai parecchio per capire se il Signore mi voleva monaco, frate o solamente presbitero. In qualche modo, Dio mi fece intendere di volermi semplicemente prete.
Da queste poche battute non si può capire in modo chiaro, evidentemente, l'esperienza spirituale che ho fatto di Dio e con Dio. Anzitutto perché in quanto esperienza di Dio non la si può cogliere ed esprimere adeguatamente, poi per il fatto che noi o siamo troppo razionalisti o vinti da una logica connessa alle cose materiali, infine perché la trasformazione interiore ed esperienzale ha riguardato me. E' molto personale! Perché personale è la vocazione che Dio rivolge ad ogni persona.
Faccio queste considerazioni perché vorrei che tanti giovani che riflettono sulla propria "chiamata" abbiano qualche punto di riferimento che illumini e incoraggi nelle conseguenti "scelte".
A tal proposito dico qualche parola sulle realtà in cui si colloca la mia chiamata al sacerdozio: la famiglia, gli amici, la scuola, la parrocchia, la società.
I miei genitori, specialmente mia madre, inizialmente erano sorpresi e increduli e poco entusiasti, ma dopo un po' di tempo osservando il mio comportamento deciso furono molto contenti.
Mia sorella, già sposata, in quel periodo (1978-80) era con la sua famiglia in Germania. Da lì condivise con soddisfazione la mia scelta. Io durante l'estate del 1978 ero stato per la seconda volta da lei, a Solingen, e a pensarci bene già allora sentii il richiamo di Dio. In pratica: per me era assolutamente inusuale andare in chiesa a giugno-luglio… Invece, in quello straordinario 1978, ci andai da solo, la mattina presto, più volte per una attrazione misteriosa che non mi spiegavo.
In generale devo dire che la mia famiglia mi ha dato e mi dà moltissimo da tutti i punti di vista: fede, amore, senso del dovere e del sacrificio…
Gli amici? Spensierati… vogliosi di ogni divertimento… Solo qualcuno condivideva e trainava con me il numeroso gruppo giovanile su esperienze spirituali di ritiro, di preghiera, di campi scuola, di impegno culturale, pastorale, ecc.
La scuola e il suo ambiente, a parte il diploma di Ragioniere che mi ha permesso di accedere agli studi filosofici e teologici presso il Seminario Regionale Maggiore di Molfetta, dal punto di vista educativo, culturale, morale, religioso… mi ha dato pochissimo, anzi a volte mi ha fatto rischiare di perdermi.
La parrocchia e l'Azione Cattolica in particolare (tra l'altro, sono stato educatore, catechista, animatore liturgico) sono stati l'ambiente in cui ho avuto la possibilità di avere qualche spazio di silenzio interiore per ascoltare la voce dello Spirito di verità. Ma per essere chiaro e sincero le persone impegnate in parrocchia non sempre mi hanno aiutato col vero esempio di vita in Cristo, perché, comprensibilmente, la natura umana è soggetta all'errore, all'indifferenza… Ma la fede e la vocazione vengono da Dio, sono doni di Dio, non possono non essere accolti, al di là di come va il mondo intorno a noi.
Il "si" incondizionato a Cristo Gesù, che chiama in tanti modi e impegni diversi nella Chiesa per il Regno, a mio avviso, potrebbe venir meno, per la situazione scoraggiante della società attuale, in cui sembra che manchi qualsiasi valore, che le cose della terra prevalgano sulla fede e sulle cose del cielo, l'ingiustizia sull'onestà, la violenza sull'amore, insomma sembra che la Luce non sia venuta e noi viviamo ancora nelle tenebre, e pertanto sembra inutile donarsi a Dio, nella Chiesa, per aiutare gli altri a realizzarsi e a salvarsi. A me, tuttavia, questa situazione ha fatto fare mie le parole e la scelta di Isaia: " Eccomi, manda me" (Is 6,8), affinchè, mio Dio, la mia persona e la mia vita sia segno del tuo amore immenso per tutta l'umanità.
Ma come sono arrivato a dire queste cose, io, uomo così debole, così pieno di me, così scettico?
La risposta è quella di Gesù, che io sperimento ogni giorno in Marco 10,27: "Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio".
E Dio è dentro di noi attraverso lo Spirito Santo, il quale se ci chiama ci dà pure gli aiuti necessari per riuscire a seguirlo!
E lo Spirito mi ha aiutato non soltanto fino al mio ingresso in Seminario e alla mia ordinazione presbiterale, ma mi parla e mi aiuta in ogni momento concreto del giorno: nella preghiera comunitaria e personale, nella meditazione, nell'ascolto della Parola, nell'Eucaristia, nel rapporto con i fratelli e sorelle, nello studio, nel servizio di carità, nell'impegno pastorale, nel tentare soluzioni ai tanti problemi…, perché mi ama!
Da allora, nonostante le difficoltà e le imperfezioni della vita terrena, la gioia in me non è più fugace!
Don Michele Arcangelo Martina