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Io
equo e tu?
Spendere e investire in
modo "sociale" tra sviluppo sostenibile e qualche
contraddizione.
Consumare
e investire in modo responsabile: un trend che sembra
piacere sempre più agli italiani. Lo dimostrano il numero di consumatori e
di investitori che sempre più si orientano verso il commercio e il
risparmio etico. In Italia si conta che lo scorso anno i 22 fondi
etici esistenti hanno raccolto 1,34 miliardi di euro
(dati della E. Capital Partners). Un settore in crescita che fornisce, nel
bene (non ha risentito delle crisi
di mercato) e nel male (i
proventi non sono certo alti ma del resto i grossi guadagni non sono legati
alla politica della finanza equo) un'alternativa ai
classici investimenti.
Nati in Inghilterra negli anni
Settanta, i fondi sono
una realtà recente per il nostro Paese. S'ispirano ai principi dell'economiasociale,
investendo in Paesi e industrie "puliti", ossia
che non hanno a che fare col mercato di armi,
alcool, tabacco, pornografia,
gioco d'azzardo, nucleare,
sfruttamento del lavoro minorile e non ostacolano
l'organizzazione sindacale.
In base alla destinazione del denaro sono catalogati come
ad alto, medio o basso tasso di
eticità. Un alto livello etico è determinato da investimenti in
società che hanno a cuore la tutela
dell'ambiente, la
trasparenza, il rispetto delle comunità locali, delle minoranze.
Sembrerebbe strano parlare di gradi quando si parla di etica, ma la catalogazione
è necessaria per un semplice motivo: spesso accade che i fondi
etici destinino sì parte dei proventi a organizzazioni no
profit (in questo caso si
tratta più propriamente di charity
funds, cioè fondi carità
o umanitari) ma investano anche percentuali di capitale in multinazionali,
tristemente note per lo sfruttamento
dei lavoratori e licenziamenti.
Spostandosi dalla finanza ai consumi giornalieri, anche qui
l'equo "va". Lo dimostra il crescente giro d'affari del Ctm
Altromercato, consorzio
che promuove la cooperazione con contadini e artigiani di 40 Paesi tra
America Latina, Asia e Africa,
ma anche del Commercio
Alternativo. Il commercio
equo e solidale di Altromercato, un giro d'affari di 30 milioni di
euro, offre un gran numero di prodotti che vanno da quelli
alimentari (come tè, caffè,
miele e cacao col marchio di garanzia TrasFair)
a manufatti di ogni genere venduto a un prezzo equo. La
Carta Italiana del commercio equo e solidale lo definisce come l'importo che
assicura a produttori, esportatori, importatori e distributori un giusto
guadagno. Dietro il prezzo equo c'è la garanzia di una giusta
retribuzione per il lavori svolto assicurando pari opportunità
lavorative e salariali
senza distinzione di sesso, di età, condizione sociale, religione
e convinzioni politiche. In poche parole sviluppo umano.
di Alessandra
Del Re
tratto da news2000
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